Biaggi? Spies? Corser? Macché, in un mondiale Supebike che si annuncia tra i più combattuti di sempre, è stato – a sorpresa – il ceco Smrz a dominare la prima sessione di prove disputata oggi (in Italia non era ancora l’alba) dai centauri sul circuito australiano di Phillip Island, teatro domenica prossima della prima tappa stagionale del campionato delle derivate di serie. Quello di Smrz, 25 anni di cui gli ultimi tre in SBK, non è stato l’unico exploit di giornata: dietro questo ragazzo ceco che corre per la Ducati “clienti” del team Guandalini, infatti, si è piazzato (terzo) un altro carneade come Haslam. Completa il podio, finalmente convincente, il sostituto dell’iridato Bayliss: Noriyuki Haga.
Questa prima sessione di prove ha già offerto qualche interessante spunto di riflessione. Anzitutto, il record della pista (1’31” 7) è in serio pericolo: se i tempi sono distanti solo 6 decimi dal best lap nonostante i piloti si siano dedicati alla messa a punto, e nonostante la temperatura dell’asfalto (55° C!) non li abbia agevolati, chissà cosa può succedere domani nel corso delle “nuove” qualifiche (tre turni ad eliminazione, sul modello delle F1). Secondariamente, in casa Honda qualcuno comincia a grattarsi il capo: possibile che, nonostante lo spiegamento di forze, l’exploit l’abbia fatto un ragazzino come il 25enne Haslam, portacolori di un team satellite? Checa ha deluso, ma siamo solo all’inizio.
Soddisfatti gli italiani, nonostante i risultati non possano lasciare tranquilli i loro tifosi: Max Biaggi guarda molti dei concorrenti dal basso, con il suo undicesimo tempo ottenuto però in condizioni “da gara” (quindi con coperture usurate proprio per simulare le difficoltà cui i piloti andranno incontro domenica); Michel Fabrizio, uno dei favoritissimi per la lotta al titolo (se non altro perché guida quella Ducati che è stata egemone lo scorso anno), è settimo. Un po’ meno bene Rolfo, comunque a meno di un secondo dal capoclassifica provvisorio. Ultima nota per la debuttante BMW: l’esperto Corser ha chiuso 16esimo, ma la distanza dalla vetta è tutt’altro che abissale