Nel dramma di SuperSic, Vale non crollare

Perché quel silenzio è il comunicato più significativo del giorno.

Il dramma di Marco Simoncelli diventa la tragedia di chi lo sta piangendo – e continuerà a piangerlo – in migliaia di maniere.

Il mondo intero ha speso istanti e gesti per ricordare SuperSic.

Abbiamo voluto e scelto di riportare solo le dichiarazioni di chi vive quotidianamente il mondo dei motori. Colleghi e avversari, compagni di lavoro e amici del paddock.

Avessimo dovuto riportare la vicinanza di tutti, ci sarebbe una lacrima per ciascuna palpebra. Di milioni e milioni di persone che lo hanno conosciuto nella maniera più consona. I tifosi di Marco sono infinitamente numerosi da sempre anche perchè Simoncelli – lo hanno ribadito tutti – era così. Lui rideva, tu ridevi.

Lui vinceva, tu ridevi. Lui perdeva. Riusciva a sorridere. E tu ridevi.

Così di pancia. Immediato. Spontaneo anche nella maniera di riflettere prima di agire. E poi. Poi.

Così di pancia quando istintivamente prendeva e andava. Che ti rimaneva solo di provare a stargli dietro. In pista, davanti alla tivvù. Forse, forse che sì. Nella vita.

SuperSic vissuto da uno che gli faceva il tifo èroba che lo sapevi già. Mettegli una moto come quella di quelli là, di quelli che vincono i mondiali e allora sì. Allora sì che avrebbe dato la paga. E ora.

Ora uno prova a cercare SuperSic nei volti di chi gli stava intorno e ti restano impresse una serie di schermate che sono istantanee appese davanti alla faccia. Vedi Kate, la vedi e sta lì. A metà tra un pianto e una preghiera. Vedi il padre. Lo scorgi per un istante mentre passano le immagini della televisione. E gli vedi l’espressione impenetrabile. Dolorosamente impenetrabile. Senti le voci di una diretta che tutti avrebbero voluto fare. Prima che. Una diretta che nessuno ha voglia di contnuare. Dopo che. E vedi fotogrammi di un incidente a cui non ti abitui. Perchè senti che lui – SuperSic – ha auto la sfiga di cadere in quell’istante, in quella maniera, in quel punto, con qualcuno alle spalle. Che solo a mettere insieme questo minestrone di circostanze poteva poi succedere che. Che poi è successo. E vedi la tivvù. Vedi che c’è Valentino che ha gli occhi rossi mentre parla con Capirossi che non riesce a replicare. E vedi Valentino che ha gli occhi aperti come non li ha mai avuti e muove le mani con la fretta con cui certe volte fugge via tra le moto degli altri. E poi. Poi assisti al dolore di un paese intero che è messo lì per dare voce a ciascuno dei Paesi italiani che pur non essendo Coriano lo sono lo stesso. E poi. Muovi tre passi, bevi un caffè. E la sensazione è quella che chi sta intorno sa a cosa stai pensando. Perché tu pure. Tu pure credi di sapere a cosa pensa ciascuno. In silenzio.

Di tante voci, tanti scritti. Di una miriade di click per cercare di leggere i dettgali, di seguire con continuità gli sviluppi di un evento che ancora fatichi a credere sia successo. Della quotidianità che impelle. Silenzio.

Niente. Non viene da dire niente.

E poi. Kate che piange e prega contemporaneamente. E la voce della tivvu che ripete che sì. Lo ha dettto il papà di SuperSic e allora è finita. E allora è finita. E tu che eri davanti al pc per raccontare una gara. Con il caffè che avrebbe dovuto fngere da sveglia mentre ti accorgevi di essrti alzato già in ritardo. Che la tivvù. Che la tivvù la vedi ma non torna. Che non ci sono curve e hicane, Non ci sono moto ma Vale. Vale ai box con Capirossi. Che Vale si sbraccia. Gli occhi sono rossi, e splancati. Che tanto spalancati non glieli hai mai visti. E i replay. Un campionario di replay per vedere che lui. Che Valentino era appena dietro. Ce Valentino era appena dietro quando SuperSic stava per scivolare. Che Valentino. Che Valentino ha fatto silenzio. Silenzio totale. Da amico ad amico. Silenzio totale che viene paura. Silenzio che viene paura.

Il mondo. Di Simoncelli. Era un mondo. A colori. Lui impattava, sviava, deviava. E quando sbagliava era capace di ridere. E ridevi. Pensando che il mondo. Che bello. Di Simoncelli. Era un mondo. A colori.

Le poche parole del Dottore. Via Twitter.

“Il Sic per me era come un fratello minore, tanto duro in pista come dolce nella vita. Ancora non posso crederci, mi mancherà un sacco”.

Poi, il rifugio. Poi, il silenzio. In quel silenzio, Vale. Non crollare.

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