Cosa, chi.
Il papà di SuperSic.
Ma un papà. Piange a dirotto. Respiro sommesso. A un papà gli fa male lì. Che tutto. Tutto è pronto ad aspettarsi dalla vita. Un papà. Ma perdere anzitempo il proprio figlio. Paolo, che ha messo al mondo Marco.
E’ stato lui a darne l’annuncio.
“E’ finita”.
E dalla Malesia, quell’è finita” ha fatto il giro del pianeta in meno tempo che Sic impiegava a incaponirsi, puntarne uno – quello davanti – e lasciarselo alle spalle. In diretta tivvu il dolore di un papà ha chiamato a raccolta perfino gli adulti. Perfino gli adulti che forse loro. Sanno dirti che succede al Governo. E poi sanno anche dirti di non preoccuparti. Che il 730 ti insegnano a farlo. Ti dicono per filo e per segno che bisogna fare così per arrrivare colà. Ma forse che forse. Perfino gli adulti, che Marco Simoncelli, fino a quanto lo ha deciso la sorte, non sapevano nemmeno chi fosse. Un papà. Investe e si sacrifica. Ha imparato e prova a insegnare. Ma nessuno – a un papà – gli ha detto come si fa. Come si fa a guardare in faccia la vita quando la vita è un indegno divenire che va contronatura. Le lacrime. Lacrima e rabbia. Mentre una escavatrice raschia. E raschia. E crea una voragine che nulla sarà come prima. Perchè alcune falle non le riempi più. Nemmeno se sei l’addetto delle buche dell’amministrazione comunale.
Un papà. E un figlio. Come ne esistono a migliaia. Di papà e di figli scomparsi prematuramente. A tutto, la vita. A tutto la vita può preparare. A tutto può preparare e non è finita mai. Invece. Invece così. Così vallo solo a pensare. Che non è finita mai. Un senso. Spariscono motivazioni e obiettivi se poi vien meno il fine più grande. Il fine più grande è un figlio. Un figlio che avrebbe dovuto osservare il corso della natura mentre a suo padre gli si diradavano i capelli, crescevano le rughe, cedeva man mano la muscolatura.
Mentre un padre accusava acciacchi dovuti all’età, si preoccupava di dire tutte le cose non dette, lasciare quel piccolo mondo del microcosmo proprio così. Predisposto affinche un figlio. Affinchè un figlio ne riuscisse a beneficiare. Afficnhé in un figlio continuasse la vita. E continuasse attraverso il figlio a vivere il padre.
Paolo Simoncelli. Dolore e lacrime. Con le spalle forti, la schiena dritta. Con le spalle forti e la schiena dritta di un paio di generazioni fa, ha cercato in tutti i modi di sorreggere il dramma di un nucleo famigliare in cui un padre. Un padre è quello lì. Schiena dritta e spalle forti per sorreggere tutto. E tutti.
Cosa, chi.
Fiumicino presa d’assalto da giornalisti e fotografi è l’emblema di quel che Marco continuerà a essere per milioni di appassionati. Per milioni di persone come lui. Perbene, solari. E allora forse. Allora forse una cascata di affetto che ti piove addosso dagli anfratti più incuneati dello spazio esteriore aiuta. Aiuta a lenire, a tenere in vita. Un padre. E forse che forse. Un padre riesce a sovvertire gli strani scherzi di madre natura ed essere lui. Essere lui a raccogliere il testimone lasciato dal figlio.
“Grazie – sono state le poche parole uscite di getto, tra lacrime e dolore, e lasciate sospese per aria che decine e decine di mani potessero stringerle. E decine e decine di bocche raccontarle -. Grazie, Marco è sempre stato disponibile con voi, spero anche io di fare altrettanto. Grazie veramente a tutti”.
Un padre. Un padre poi è padre per deformazione professionale. Allora, su quel volo. Su quel volo Kuala Lumpur, Fiumicino Paolo Simoncelli avrà sicuramente fatto il padre. Mentre riportava suo figlio a casa. Avrà fatto il padre di Kate, che in quelle braccia di papà sarà sprofondata come nei guanciali più comodi, come nei luooghi più sicuri. E un padre, sul volo che lascia la Malesia un puntino mentre man mano l’Italia diventa sempre più grande, un padre avrà fatto anche il padre di Valentino Rossi. Rannicchiato e piccolo. Rannicchiato e piccolo in quel metro e ottanta e passa. Un padre avrà spalancato le braccia in un abbraccio che viene dal cuore. In un abbraccio che viene dal cuore il padre di Marco è diventato il papà di chi ha avuto bisogno di un padre.
Cosa, chi.
Paolo, che ha messo al mondo Marco.
E gli ha insegnato quella roba lì. Quella roba che è vivere.
Il papà di SuperSic.
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