uelli come Valentino Rossi: grandi, immensi eppure sempre disponibili e capaci di regalare un sorriso. Oscar Pistorius, primo atleta a gareggiare alle Olimpiadi con delle protesi al posto delle gambe (il 4 agosto corre i 400 metri piani e il 9 prende parte alla staffetta sudafricana 4×400 metri), si racconta a Vanity Fair in edicola da mercoledì 1 agosto 2012 e rende omaggio al campione del motomondiale.
Qualche stralcio dell’intervista:
“Me lo diceva mia madre, da piccolo: ‘Bravo Oscar, hai le protesi, e allora? Tuo fratello si mette le scarpe per uscire, tu ti metti le gambe. Me lo diceva per insegnarmi che non ero avvantaggiato o svantaggiato, che potevo arrampicarmi sugli alberi, cadere, farmi male, romperle, doverne montare altre, senza il diritto di frignare più degli altri.
Peccato che a Londra non ci sarà. Avrò mio fratello, mia sorella, ma non lei (morta per allergia a un farmaco quando Pistorius aveva 15 anni). Sarebbe stata felicissima: sono arrivato a Londra seguendo proprio quello che mi diceva da bambino. Ma poi mi avrebbe rimproverato per l’ennesima volta perchè non mi sono laureato. Era una cosa che desiderava tanto. Per questo, appena smetto di correre, mi iscrivo all’università”.
Rispetto ai suoi miti sportivi:
“Ammiro quelli come Valentino Rossi, quelli che, quando sarò padre, vorrei mio figlio ammirasse. Quelli che fanno la storia ma, come Rossi, non negano mai un sorriso: sta lì la loro grandezza. Ho conosciuto atleti arroganti, li ho visti cancellare in un istante tutto quello che avevano vinto. Se non sai sorridere a uno sconosciuto, anche se hai vinto tutto, per me non vali niente”.