La crisi che sta attanagliando le economie mondiali dallo scorso ottobre, è sfrontata: non guarda in faccia a nessuno; che tu sia un piccolo risparmiatore, un imprenditore o una banca, rischi comunque di finire “a gambe all’aria”, specie se non sei stato troppo avveduto negli ultimi tempi. A darci una misura delle difficoltà, e di quanto esse siano diffuse, giunge la notizia del ridimensionamento alle viste per un mito delle due ruote, anzi “il” mito per antonomasia: stiamo parlando, purtroppo, di Harley Davidson. La moto che è stata all’origine del successo del film Easy Rider, e – spostando lo sguardo verso una dimensione più provinciale – ha dato il nome agli 883, versa infatti in drammatiche difficoltà.
All’origine del crollo, che ha numeri impressionanti (-30% alla voce profitti, debiti per 80 milioni di dollari e cedimento del valore di listino a Wall Street del 70%), l’incapacità del marchio di “parlare” ai giovani, come attestato direttamente dalla “prima linea” i concessionari: “Gli utenti più fedeli sono baby boomer coi capelli ormai grigi, i cui risparmi sono stati bruciati dal crollo delle borse”; oppure “In 33 anni di lavoro – come dichiara allibito il 79enne Spuck Bennet, rivenditore del Maryland – non avevo mai visto nulla del genere”. In effetti Harley è sempre stata più forte di tutto, e forse in questo consiste l’origine del mito.
Dapprima la Grande Depressione, brillantemente superata; quindi la concorrenza delle giapponesi Honda e Kawasaki, superata anch’essa proprio grazie a quei nostalgici “baby boomer”(i figli dei fiori di sessantottina memoria) che acquistavano una H-D per rinverdire i fasti della loro giovinezza, ed ora non dispongono più di alcun risparmio. “Nessuno può più permettersi quello che, alla fine, è un grosso giocattolo da almeno 20mila dollari”, ha sentenziato il New York Times, cogliendo nel segno. Ma finché questo sarà vero, per Harley si preannunciano tempi molto, molto duri.